Temporali: recensione di Marta Maria Camporeale - 24 ottobre 2020

 


    «Purché tra noi, per almeno un momento, / Sia stato teso un segmento, / Una corda ben definita».
Parto da questi versi di Primo Levi, citati prima della poesia Segmento, per ripercorrerne il significato all’interno della silloge.
    Ho avuto, da subito, la percezione di essere in una galleria d’arte pittorica in cui ho letto, attraverso i colori, il significante.
    Versi che, partendo dal titolo, a corimbo, crescono per arrivare proporzionati a frammenti dell’anima, al percorso che il poeta vive insieme al corpo, come accettazione e scoperta di sé. Quest’anima che in alcuni versi s’interroga sulla morte e si chiede semmai ci sia una replica di se stessa: «è il punto, scritto / nell’infinito alfabeto del sempre […]», per citare i versi della poesia Pashupatinath. Quasi si trattasse di un viaggio in versi, attraverso i “corridoi” del dolore, del piacere, del giorno dopo giorno, come perdita e rinascita.
    Non a caso, nella poesia Per una donna mite, il viaggio è inciso della malattia, è quello costoso, perché trancia i legami e riconduce alla terra.
    Quindi viaggio dicevo, come un ri-entrare e ri-uscire dal passato, nelle cose nascoste, pensieri, citazioni, con la speranza di ri-viverlo. Il posto donato all’uomo, a lui poeta, che lo scorge nella metafora: «[…] il muschio che bacia la pietra» (Di una poesia, andandosene).
    Un corridoio interrotto di due amanti che vivono e poi tacciono il loro amore, che li segna con la stessa tonalità d’inchiostro. 
    Si ritroveranno.
    Cristiano Poletti fa riflettere su come è abbandonata a noi stessi la vita, nella storia in cui viviamo, e noi come segmenti del nostro tempo a vagare nel nulla. Questa vita affascinante, questo lungo attraversamento. Gli anni in cui «Si ripete così la vita / e il tempo intanto regola / la sua barba di re […]» in La torre nei nostri occhi. Trovo poetica la visione in cui paragona l’acqua ad un cerchio, dove ciascuno compie la volontà di Dio.
    La silloge custodisce in sé il gioco introspettivo in cui opera la dicotomia del pensiero: realtà e sogno. La parola è aborigena e straniera.
    Identifico tale opera conforme alla calcografia in copertina di Luca Mengoni: la parola è punto e creazione.
                                                                                                   

Marta Maria Camporeale


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