rivedendo Le feu follet di Louis Malle

Alain, fisso nella sua parentesi, una sua strada fedele alla tempesta; malato di un’ultima vita, al traino dell'adolescenza, la percorre con psicologia del desiderio.
L’eros che preme in apertura; un’apertura intrisa di finale, di croce.
Alain Leroy cerca da principio il tempo della giusta morte, schiavo com'è dell'Impossibile, consapevole della debolezza del suo Giorno.
Morire dopotutto è normale, basta chiamare a sé ogni possibile sentenza finale.
Sono strade trafficate, vicine e straniere, conosciute ed estranee, quelle che Alain attraversa. Anzi, sembra sia il traffico ad attraversarlo. E tutti e i ragazzini persino, nel parco, lo ignorano.
Nulla gli appartiene; le sue sono continue misure di spossessamento. Così anche nella casa di cura: ci sono punti e contrappunti di osservazione, e basta. Tutto è smisurato, oltrepassa il confine; nessun contenitore è sufficiente. Alain è solo un bevitore di ombre, pieno di vuoto fino alla confusione. Vuoto nella forma delle sue dismisure esistenziali, né centro né periferia, nel gorgo spalancato tra sé e il mondo. Del mondo ne avverte i confini, certo, ma non arriva mai a toccarlo né il mondo lo tocca.
Tutto è un vortice senza geografia.
Eppure sembrerebbe diverso, in apparenza. Molti gli dicono che è bellissimo, è amato, vivo. Vive, sì, ma consuma la vita (o si consuma in essa) più degli altri.
Con l’andare del film, la fine si annuncia e cresce, dopo un continuo, lento differimento. Si tratta di una via questa che trova presto chiarezza. Tra dialoghi stridenti, sguardi, tratti, psicologie che gli si narrano davanti, che vuole e non vuole. Si muovono di fronte cose sia vicine sia distanti, accadono, lo sorpassano.
Alain domanda: una sola grande domanda. E le risposte non coincidono - mai.
Ecco una pila di pacchetti di sigarette: la sua angoscia si alza per crollare, brucia nella completa tristezza di sé.
E riprende a bere, per ricordare, e capisce quanto manca, continuamente e definitivamente ormai, a se stesso.
L'inconcludente concluderà, necessariamente, una volta che la coscienza diventerà forza.
Aperta la morte si affaccia, Alain si lascerà agire da lei.
Incerto fino alla fine, compie il gesto nella quotidianità del giorno: si rade, finisce il libro, posa gli occhiali sul comodino. Finisce. Non capiva, non si faceva capire. Oppure ha capito tutto.
Fuoco fatuo è bruciore antico, fuoco azzurrognolo, azzurro-poesia. Decomposizione che si trasforma - chissà - di fronte a un dio? - a un demone forse? - a una (nostra) grande sola domanda. 
Cosa rispondere? Niente.

Commenti

Post più popolari